L'epidemia di Covid-19 ha comportato una corsa all'acquisto di generi di prima necessità, fra i quali carta igienica, salviettine disinfettanti e assorbenti. Tali prodotti monouso sono fra i più insostenibili esempi del consumismo moderno: quelli in ovatta di cellulosa perché contribuiscono alla deforestazione globale e quelli in Tessuto-non-tessuto (Tnt) perché realizzati con fibre di plastica.

Secondo i dati Istat la produzione italiana nel 2018 di articoli monouso in ovatta cellulosica è stata di circa 1,9 milioni di tonnellate. Se consideriamo che per produrre una tonnellata di cellulosa servono 3,6 tonnellate di legno, la quantità di legname che finisce ogni anno nei Wc e nelle pattumiere del Belpaese è di circa 6,8 milioni di tonnellate. È interessante comparare tale cifra con i dati Istat relativi al consumo di legname per produzione cartaria e legname d'opera, e con i consumi di biomassa ad uso energetico rilevati da EurObserv'ER nel barometro delle biomasse 2019.

La Foto 1 è molto eloquente: il principale consumatore di biomassa agroforestale è l'industria cartaria in generale, seguita dell'industria delle biomasse ad uso energetico. La produzione di articoli monouso in cellulosa costituisce però una frazione rilevante del totale, a dimostrazione della pressione antropica che la società esercita sui sistemi agroforestali.

Grafico: Il consumo di biomassa lignocellulosica in Italia nel 2018
Foto 1: Il consumo di biomassa lignocellulosica in Italia nel 2018.
Dati Istat ed EurObser'ER, elaborazioni dell'autore.
Nota sul calcolo: EurObserv'ER riporta il consumo di legna, cippato e pellet in termini energetici: 8,5 Mtep nel 2018. Poiché una tonnellata di legno ha un potere calorifico di circa 0,29 Tep, il consumo di biomassa solida a scopo energetico risulta di circa 27,5 milioni di tonnellate

Esiste una pressione - giustissima e sacrosanta - da parte dei consumatori e delle istituzioni per eliminare gli articoli monouso in plastica. Però, gli ideologi della green economy non hanno fatto i conti con la necessità di sostituirli con quelli ricavati da materie prime cellulosiche, perché è facile bandire le cannucce di plastica per le bevande da lattina, ma difficilmente si può aspettare che la gente rinunci alla carta igienica o ai pannolini monouso. Una delle commodities in plastica più diffuse è il Tnt, solitamente utilizzato per la produzione di imbottiture, filtri, e nella fattispecie le mascherine e tute protettive contro il Covid-19. L'impennata della domanda di Tnt durante la pandemia ha fatto scarseggiare le mascherine e le tute protettive per il personale medico in molti paesi. La soddisfazione della domanda potrebbe venire dal Canada grazie alla Bast fiber technologies che ha sviluppato una serie di brevetti sulla produzione di Tnt ecologico, ricavato dalle fibre corticali di canapa, kenaf e lino.

Le fibre corticali (Foto 2) vengono impiegate sin dalla preistoria per la tessitura di stoffe e la fabbricazione di corde. Prodotti in cui l'integrità strutturale è garantita dall'intreccio delle fibre, quindi dall'attrito. La carta ricavata da tali fibre è invece un esempio di Tnt, ma non ha le stesse caratteristiche meccaniche dell'omologo prodotto di fibra poliestere. Nella carta le fibre sono tenute insieme da forze intermolecolari - chiamate forze di Van der Waals - mentre nella fabbricazione del Tnt di poliestere le fibre vengono saldate fra di loro mediante un rullo caldo. La carta non può sostituire il Tnt da poliestere in tutte le sue applicazioni poiché a contatto con l'acqua si scioglie. Il motivo è che la struttura spaziale della molecola d'acqua è polare - ha una carica positiva e una negativa, orientate come i poli di una calamita - quindi capace di alterare la coesione fra le fibre. Per questo motivo viene usato il Tnt da poliestere per la realizzazione di pannolini, sacchetti di thè e infusi.

Sezione di un fusto di juta
Foto 2: Sezione di un fusto di juta (Corchorus capsularis L.)
(Fonte foto: Digital herbarium of crop plants. Canapa, juta, lino e kenaf condividono la stessa struttura del fusto)

La tecnologia sviluppata dalla Bast fibers consiste nel separare le fibre corticali dalla corteccia e dallo xilema - il canapulo nel caso specifico della canapa - senza però distruggere il floema, utile a conferire al prodotto finale le caratteristiche assorbenti e la coesione fra le fibre, perfino quando il materiale è umido. Le proprietà del prodotto dipendono anche dalla pianta dalla quale si ricavano le fibre corticali, a seconda che la parete cellulare sia cellulosica al 100% (lino), in parte lignificata (canapa) o completamente lignificata (juta).

Per concludere, segnaliamo come la coltivazione delle menzionate piante per ricavare materia prima ricca di fibre corticali utili alla produzione del Tnt ecologico sia l'ennesimo esempio di opportunità persa dall'Italia. L'azienda canadese Bast fibers ha sottoscritto contratti miliardari con l'industria dei beni di consumo. Questo è stato possibile solo perché il Canada è da sempre un paese molto pragmatico in materia di coltivazione della canapa. La facilità di coltivare e quindi reperire a buon prezzo la materia prima, ha consentito all'industria locale di piazzarsi in testa nella classifica mondiale dei produttori più ecologici di materiale usa e getta in fibra cellulosica. Si tratta di un gran merito se consideriamo che il Canada è anche ricco di boschi da sfruttare come fonte principale di cellulosa. A differenza dei loro vicini statunitensi - e anche dei governi succedutesi in Italia sin dagli anni '60! - i politici canadesi non hanno definito le loro politiche di sviluppo industriale in base a ideologie proibizioniste. Anziché deforestare un vasto territorio, essi hanno preferito sopperire alla domanda di cellulosa mediante la coltivazione di canapa da fibra.