Produrre di più, meglio e con sempre meno chimica è l'imperativo del prossimo futuro. In questo senso l'agricoltura eco-simbiotica può rappresentare una delle risposte più valide e innovative per il settore, esprimendo un alto “valore aggiunto”, quello della sostenibilità e della qualità, e favorendo le migliori condizioni ambientali per le persone e il territorio. E' quanto emerso dal convegno “L'agricoltura eco-simbiotica: l'esempio della viticoltura” organizzato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori a Suvereto, in provincia di Livorno, alla Tenuta Rubbia al Colle dell'Arcipelago Muratori.

L'agricoltura oggi si trova di fronte a due sfide: da un lato la crescita della domanda alimentare globale che richiede incrementi di produttività, dall'altro la sempre più limitata disponibilità di risorse (acqua, terra, energia) che desta grande preoccupazione - ha dichiarato la vicepresidente nazionale della Cia, Cinzia Pagni, aprendo i lavori -. E' chiaro, quindi, che in un quadro del genere temi come la tutela della biodiversità e del paesaggio, la fertilità dei suoli, più in generale la sostenibilità ambientale, diventano sempre più strategici per lo sviluppo competitivo del comparto”. Elementi che, al tempo stesso, “devono saper trovare un equilibrio - ha aggiunto Pagni - con un utilizzo sempre più razionale e consapevole della chimica”.

Uno degli strumenti con cui rispondere a queste nuove sfide è proprio l'agricoltura eco-simbiotica, che rappresenta una delle più importanti novità nel panorama delle “tecniche sostenibili” di gestione produttiva, in particolare l'esempio virtuoso del vigneto, mediante l'uso di microrganismi presenti nel terreno e, dunque, in perfetta simbiosi con la vite. Una simbiosi, si è spiegato nel corso dell'incontro, in grado di favorire lo sviluppo qualitativo della produzione, contribuendo contemporaneamente al miglioramento delle condizioni ambientali e, quindi, alla salvaguardia della salute pubblica e dei suoli. 
In particolare, rientrano in questo panorama le “micorrize”: vale a dire strutture costituite dall'unione simbiotica tra funghi del terreno e radici non lignificate delle piante. I funghi colonizzano le radici della pianta, ricevendo e dando nutrimento alla stessa. Un'associazione che potenzia la funzionalità dell'apparato radicale in volume e in qualità e permette altresì di esprimere al massimo il potenziale di sviluppo della pianta coltivata, rendendola più robusta, capace di difendersi da attacchi di patogeni e parassiti, anche in habitat difficili.

Si tratta di “benefici notevoli -ha spiegato il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- che, tuttavia, trovano ostacoli al loro sviluppo all'interno del quadro legislativo europeo”. Per effetto di errate interpretazioni delle regole comunitarie (Regolamento Ue 1107/2009 relativo all'autorizzazione alla vendita dei prodotti fitosanitari), infatti, alcuni ceppi di microrganismi dei suoli sono inclusi tra i fitofarmaci e, quindi, non possono essere commercializzati per altri scopi, ad esempio come fertilizzanti. “Una situazione paradossale - ha continuato Scanavino - se si considera anche l'espansione globale che stanno avendo i fertilizzanti a base di microrganismi”.

E' necessario, dunque, “cambiare rotta e fare un'attenta riflessione politica sul tema -ha osservato il presidente nazionale della Cia- da cui dovranno scaturire misure e azioni concrete”. A partire “dall'interpretazione corretta del Regolamento Ue sull'immissione al consumo dei fitosanitari. Non solo: secondo Scanavino “i tempi sono maturi per cominciare a lavorare alla definizione di un quadro normativo 'ad hoc' in materia di biofertilizzanti”. Inoltre, “è possibile sfruttare il 'treno' della riforma europea del settore biologico per apportare correttivi anche alla disciplina del vino bio (il Reg. Ue 203/2012 non disciplina i 'vini eco-simbiotici')” mentre “a livello nazionale - ha concluso - bisogna puntare sul Testo Unico del Vino al vaglio della commissione Agricoltura della Camera”.