Tema complesso quello scelto per il recente congresso di Aspa, l’Associazione per la scienza e le produzioni animali, che riunisce gran parte dei ricercatori e degli scienziati che si occupano di questa materia.

Parlare del ruolo della zootecnia intensiva nello sviluppo sostenibile, questo il tema affrontato, richiede non solo competenza, ma anche una certa dose di “coraggio”. Perché le due parole, intensivo e sostenibile, per una parte importante dell’opinione pubblica sono termini contrapposti e inconciliabili. Dove c’è l’uno non può esserci l’altro.

Eppure non è così, sebbene anche persone di altissimo livello, ma non di altrettanta levatura in quanto a competenze, ne siano convinti quando vanno proponendo ricette a tutela dell’ambiente.


Luoghi comuni

Attorno al tavolo virtuale (anche il congresso dell’Aspa soggiace alle regole imposte dall’emergenza sanitaria) si sono dati appuntamento ricercatori e scienziati di lungo corso in queste materie, i cui nomi e ruoli sono riassunti nella locandina che segue.

Molti i luoghi comuni sfatati, per dare spazio a verità supportate da prove ed evidenze scientifiche.
A iniziare dall’errata contrapposizione fra allevamento intensivo ed estensivo, quello associato nell’immaginario collettivo a pascoli e animali liberi. Nella realtà animali comunque controllati, su terreni coltivati a prato.

Se il primo consente di ottimizzare risorse e produzioni nelle aree vocate, l’altro è la risposta migliore, a volte l’unica, per valorizzare aree marginali.
Tante ve ne sono, in particolare nell’Appennino, dove gli allevamenti estensivi potrebbero trovare sviluppo, purché si intervenga sul deficit infrastrutturale che in molti casi affligge queste aree.
Intensivo ed estensivo sono dunque risposte diverse a problemi a loro volta diversi.
 

Il programma del congresso Aspa


L’ambiente

Altro capitolo è quello ambientale, che ancora una volta vede contrapposti il modello intensivo con quello estensivo, a volte identificato con quello biologico.
Qui le risposte sono più articolate, dovendo prendere in considerazione la minore efficienza dei sistemi estensivi, il sequestro di carbonio da parte del terreno in funzione delle colture, il ruolo fertilizzante delle deiezioni animali.

Alcune ricerche statunitensi hanno ipotizzato uno scenario privo di allevamenti, e il risultato è inaspettato.
Si avrebbe una sostanziale assenza di vantaggi in conseguenza della mancata fertilizzazione dei terreni e per le conseguenze del mancato utilizzo dei sottoprodotti, ora valorizzati nell’alimentazione degli animali.
 

Minore impatto

Se intensivo e sostenibile, come dimostrato, non sono termini in contrapposizione, esistono comunque importanti margini di miglioramento.
E’ quanto promette la zootecnia di precisione, dove alimentazione, genetica e management concorrono per ridurre la pur modesta quota di gas climalteranti della quale può essere responsabile la zootecnia e in particolare i ruminanti.

E’ possibile, si è affermato al congresso dell’Aspa, rispondere alla richiesta in aumento di prodotti di origine animale senza impattare sull’ambiente, ma la ricerca deve essere libera da condizionamenti e pregiudizi.


Gli antibiotici

E’ quella stessa ricerca che può essere in grado di dare risposte innovative e soddisfacenti su un altro importante capitolo: quello degli antibiotici impiegati sugli animali.

Il problema, a dispetto di quanto generalmente si creda, non è la presenza di residui. Con il rispetto dei tempi di sospensione nelle carni e negli altri prodotti di origine animale, gli antibiotici non ci sono. E i controlli dei servizi sanitari ne danno garanzia.

Il vero problema è quello dell'antibiotico-resistenza da parte di alcuni batteri, problema non di oggi e destinato ad accrescersi.
Occorre dunque un uso mirato e consapevole di questi farmaci, sia in campo animale sia in medicina umana, nell’ottica della filosofia “One Health” (che si potrebbe tradurre come “unica salute”).
Ma il futuro disegna scenari catastrofici se non saranno messe a punto nuove molecole antimicrobiche.
 

Le risposte della ricerca

Ma la ricerca, si diceva, può trovare le soluzioni. Già sono allo studio modalità per rendere alcuni vegetali capaci di produrre antigeni per sviluppare risposte immunitarie specifiche.
Oppure in grado di produrre anticorpi ed essere utilizzate come sieroterapici.

Le tecnologie sono mature. Ma si tratta di piante Ogm. Proprio quegli Ogm tante volte demonizzati…