In questo difficile momento storico, la priorità per le imprese è trovare le forze per sopravvivere; ciò vale per le singole aziende ed a maggior ragione per le cooperative agricole, organizzazioni mutualistiche nate per unire i singoli produttori, allo scopo di abbattere i costi di produzione ed ottenere il miglior posizionamento sul mercato.
A causa dell'emergenza Covid-19, però, le cooperative si trovano a convivere con numerose problematiche: dalla gestione della logistica al rischio di perdere il fondamentale requisito della mutualità, fino ad arrivare alla sostenibilità economica dei progetti, sia legata alla gestione diretta, che agli aiuti richiesti dalle aziende socie.

Per fare fronte a queste situazioni, possono essere poste in essere molte misure, dagli aumenti di capitale (previsti dal decreto Rilancio) alla rivalutazione dei beni aziendali, fino all'utilizzo di forme alternative di finanziamento come l'emissione di minibond o l'utilizzo del pegno rotativo, recentemente rivisto nella sua disciplina al fine di offrire la possibilità di accedere al credito ad un numero sempre maggiore di soggetti.
 
Queste importanti tematiche e le opportunità a disposizione per cooperative ed aziende in tempi così complicati sono state al centro del webinar "Cooperative agricole: autofinanziamento e rivalutazione dei beni d'impresa"organizzato da ConsulenzaAgricola con la partecipazione, come relatore, di Gianni Allegretti, tributarista ed editorialista de "Il Sole 24 Ore" ed esperto in materia di cooperative.


L'aumento di capitale si può applicare a diversi tipi di società con sede in Italia, tra cui le cooperative. Requisiti e condizioni per accedere alla misura

Il provvedimento si rivolge alle società regolarmente costituite ed iscritte nel Registro delle imprese con un ammontare di ricavi relativo al periodo d'imposta 2019 compreso tra i 5 ed i 50 milioni di euro. Altro requisito per poterne usufruire è aver subito, a causa dell'emergenza coronavirus, nei mesi di marzo e aprile 2020 una riduzione complessiva dei ricavi non inferiore al 33% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Queste imprese devono poi aver deliberato ed eseguito tra il 20 maggio ed il 31 dicembre 2020 un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato.

Per ottenere le provvidenze, le società devono soddisfare alcune condizioni: al 31 dicembre 2019, non devono rientrare nella categoria di imprese in difficoltà; devono avere regolarità contributiva e fiscale, essere in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione infortuni e della salvaguardia dell'ambiente; non devono rientrare fra le aziende che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione Ue. Inoltre, non possono trovarsi nelle condizioni ostative previste dalle misure di prevenzione del Codice antimafia e negli ultimi cinque anni non deve essere intervenuta una condanna definitiva nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo per reati in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.


A quale percentuale della somma versata corrisponde il credito di imposta per il socio investitore? Qual è l'ammontare massimo del conferimento su cui si calcola il beneficio?

Al socio investitore che effettua conferimenti in denaro, in una o più società, per l'aumento di capitale, spetta un credito d'imposta pari al 20% dell'ammontare sottoscritto e versato; il tetto del conferimento su cui calcolare il credito è stabilito in 2 milioni di euro che danno diritto ad un credito potenziale massimo di 400mila euro.

Il credito d'imposta acquisito è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi 2021 relativa al periodo di effettuazione dell'investimento (2020) e, in caso di incapienza, in quelle successive sino ad esaurimento; in compensazione, si può utilizzare a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell'investimento anche oltre i limiti annui di 700mila euro (1 milione per il 2020) e di 250mila euro per i crediti indicati nel Quadro RU.
Il beneficio decade, con l'obbligo di ripetizione dell'ammontare detratto maggiorato degli interessi legali, nel caso in cui si registri la cessione o il rimborso della partecipazione legata al conferimento agevolato entro il 31 dicembre 2023 o la distribuzione di riserve di qualunque tipo prima del 31 dicembre 2023.


Incentivi previsti per la società conferitaria

Alla società che soddisfa le condizioni richieste, a seguito dell'approvazione del bilancio per l'esercizio 2020 è riconosciuto un credito d'imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, sino a concorrenza del 30% dell'aumento di capitale, comunque nel limite massimo assoluto di 800mila euro (120mila per le imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura e 100mila per quelle attive nella produzione primaria dei prodotti agricoli).
Non si tiene conto dei benefici "de minimis" ottenuti ai sensi dei Regolamenti Ue.

Il credito d'imposta acquisito dalla società è utilizzabile in compensazione a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell'investimento anche oltre i limiti annui di 700mila euro (1 milione per il 2020) e di 250mila euro per i crediti da Quadro RU. 
La distribuzione di riserve di qualunque tipo prima del primo gennaio 2024 fa decadere il beneficio con obbligo di ripetizione dell'importo maggiorato degli interessi legali.


A quanto ammonta la spesa totale prevista dallo Stato per questa misura?

Le risorse complessive stanziate dallo Stato a questo scopo sono pari a 2 miliardi di euro e affinché questa somma sia rispettata è necessaria una duplice prenotazione telematica del credito: prima quella dei soci e poi quella della società; sulla base di queste, l'Agenzia attribuisce i crediti effettivamente spettanti seguendo, ove le richieste superassero le somme disponibili, l'ordine cronologico degli invii. È quindi necessario il coordinamento tra i soci e la società.


Gli adempimenti comuni tra soci e società

Soci e società sono chiamati ad alcuni adempimenti comuni che riguardano la pianificazione dell'aumento di capitale comprendente la verifica del possesso e del rispetto dei requisiti e delle condizioni richieste; la celebrazione entro il 31 dicembre 2020 dell'assemblea che adotta la relativa deliberazione e il versamento/liberazione del capitale sottoscritto; l'approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020; il calcolo del credito teorico dei soci e della società; la verifica della capienza rispetto al limite massimo cumulativo di 800mila euro con comunicazione dell'esito ai soci.


Le istanze da presentare all'Agenzia delle entrate

Per quanto concerne le istanze da presentare, al momento non si conoscono ancora i termini e le modalità per l'invio, che saranno stabiliti dall'Agenzia delle entrate, ma l'adempimento sarà comunque da eseguire nel 2021.

Indicativamente, le istanze dei soci investitori devono contenere l'importo del conferimento effettuato e del credito richiesto e l'importo degli aiuti non rimborsati. 
Nel caso in cui la conferente sia una società, l'istanza deve comprendere l'attestazione che non sussiste controllo diretto o indiretto sulla conferitaria nonché che la società non è sottoposta a comune controllo o collegamento con la conferitaria o, al contrario, che non è controllata da quest'ultima. Occorre indicare anche l'ammontare delle perdite ammissibili alla agevolazione; l'importo del credito richiesto; l'ammontare del credito complessivo riconosciuto a favore dei soci investitori con i relativi codici fiscali.
Bisogna infine aggiungere la dichiarazione attestante che, tenuto conto anche del credito spettante agli investitori, non si è beneficiato di misure di aiuto di ammontare superiore ai limiti nonché indicare l'ammontare degli eventuali aiuti non rimborsati.


Rivalutazione dei beni aziendali: cosa prevede la normativa (art. 136-bis, dl 19 ,aggio 2020, n.34 - "Rilancio")?

Un'altra importante misura per aiutare le cooperative agricole a fronteggiare l'emergenza Covid-19 è quella della rivalutazione dei beni aziendali. Secondo quanto stabilito nel decreto, possono usufruire del provvedimento le cooperative agricole ed i consorzi in possesso delle clausole mutualistiche che non adottano gli Ias/Ifrs (principi contabili internazionali). I beni rivalutabili risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2018 sono immateriali, materiali (con esclusione degli immobili merce), partecipazioni in società controllate o collegate costituenti immobilizzazioni. La rivalutazione va iscritta nel bilancio dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 e per il quale il termine di approvazione scade dopo l'entrata in vigore del dl 34/2020 (19 maggio 2020) e, cioè, il bilancio 2019. La rivalutazione delle cooperative agricole deve riguardare tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea; è frutto di valutazione libera da formalità ma fino alla concorrenza delle perdite di periodi precedenti computabili in diminuzione del reddito; deve essere annotata nell'inventario e indicata nella nota integrativa. Ha validità sia ai fini civilistici, sia ai fini fiscali. Sui maggiori valori attribuiti sono dovute imposte pari al 10% per quelli relativi ai beni non ammortizzabili e al 12% per quelli relativi ai beni ammortizzabili applicate sul 30% dei maggiori valori. In pratica, il 3% per i beni non ammortizzabili e il 3,60% per quelli ammortizzabili.

Il versamento dell'imposta sostitutiva va effettuato in un'unica soluzione o in tre rate di pari importo (sei rate per importi superiori a 3 milioni di euro).

Questa normativa che presentava alcune criticità è stata superata è migliorata dalla rivalutazione generale dei beni d'impresa e delle partecipazioni (art. 110, dl 14 agosto 2020, n.104 "Agosto") che interessa tutte le tipologie di impresa e quindi anche le cooperative.
 


Le regole fissate da questa nuova norma

Anche questo decreto stabilisce che possono beneficiare della misura, il cui scopo è il rafforzamento patrimoniale della società, i soggetti che nella redazione del bilancio non adottano gli Ias/Ifrs. I beni rivalutabili sono invece quelli risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2019 e si dividono sempre in immateriali, materiali (con esclusione degli immobili merce), partecipazioni in società controllate o collegate costituenti immobilizzazioni.
Per ciò che riguarda la rivalutazione, questa può essere effettuata distintamente per ciascun bene senza vincolo alcuno per gli altri beni della medesima categoria omogenea; inoltre, è frutto di valutazione libera da formalità, ma nei limiti del fair value, e deve essere annotata nell'inventario e indicata nella nota integrativa.
Va iscritta nel bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2020 (era quello relativo al 2018 nella normativa precedente) ed ha validità sia ai fini civilistici, sia ai fini fiscali.

Altre novità sono che se la rivalutazione è effettuata unicamente a scopo civilistico non prevede nessun onere (imposta sostitutiva) e che nel caso sia realizzata a fini fiscali il versamento di questa imposta va effettuato in un'unica soluzione o in tre rate di pari importo.

Gli strumenti a disposizione delle cooperative per fronteggiare le difficoltà create dall'emergenza sanitaria non finiscono qui; a quelli illustrati finora se ne aggiungono altri come la garanzia per l'accesso al credito sotto forma di pegno rotativo di prodotti Dop e Igp prevista dall'art. 78, dl 17 marzo 2020, n.18 "Cura Italia".
 


Caratteristiche del provvedimento dal punto di vista pratico

Per contrastare gli effetti derivanti dalla pandemia la possibilità di costituire in pegno a garanzia dei finanziamenti è stata estesa a tutti i prodotti Dop e Igp (art. 78, commi da 2-duodecies a 2-quaterdecies, l 27.04.2020, n.27 e decreto Mipaaf 23 luglio 2020).

In precedenza, tale opportunità riguardava solo i prosciutti a denominazione di origine tutelata ed i prodotti lattiero caseari Dop a lunga stagionatura, limitatamente ai formaggi Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Pecorino romano, Montasio e Provolone Valpadana.

Il pegno, definito dall'art. 2784 del Codice civile, costituisce un diritto reale di garanzia avente ad oggetto beni mobili e diritti sugli stessi.Può avere diverse forme: "classico" (artt. 2786 e segg. c.c.), "irregolare" a garanzia di anticipazioni (art. 1851 c.c.), mobiliare "non possessorio" (dl 3.05.2016, n.59). Si perfeziona in forma scritta e con lo spossessamento dei beni in capo alla proprietà con trasferimento della disponibilità dei beni al creditore garantito.

Per generare reddito poi le cooperative possono anche ricorrere all'emissione di minibond, tema oggetto di una notevole evoluzione normativa a partire dal 2012 (quando non era consentito il loro utilizzo da parte delle coop) fino al 2018 con la legge 30 dicembre, n.145 legge di Bilancio 2019), che ha modificato lo scenario.


Cosa sono i minibond e chi può emetterli?

Sono titoli obbligazionari a medio/lungo termine emessi da piccole e medie imprese non quotate dalle quali deriva l'appellativo di "mini" (sono considerate piccole imprese quelle con meno di cinquanta dipendenti e fatturato inferiore a 10 milioni di euro e medie imprese quelle con meno di 250 dipendenti e fatturato inferiore a 50 milioni o attivo dello stato patrimoniale inferiore a 43 milioni). Sono escluse le microimprese con meno di dieci dipendenti e fatturato annuo e/o attivo di bilancio inferiore a 2 milioni.

Le aziende emittenti devono essere costituite sotto forma di società di capitali (Srl o Sapa) o di società cooperative. I titoli danno diritto ai sottoscrittori ad un tasso di interesse da corrispondersi sotto forma di cedola semestrale o annuale. La scadenza è generalmente a medio/lungo termine (diffusamente a cinque anni) e comunque mai inferiore a trentasei mesi. Il rimborso del capitale investito "a scadenza" può avvenire in unica soluzione oppure in modalità rateale.


Cosa prevede nello specifico la garanzia per le imprese cooperative agricole?

Nel comparto agricolo, alle forme ordinarie di garanzia del prestito (ipotecaria su immobili, privilegio su beni mobili, da banche e enti finanziari) si aggiunge quella prevista dalla legge di Bilancio 2015 che, per agevolare e incentivare l'emissione di obbligazioni da parte delle Pmi operanti nel settore agroalimentare, ha previsto la possibilità per Ismea di prestare una propria garanzia. In questo modo si favoriscono sia gli investitori, che sono incentivati dalla maggiore certezza del recupero del capitale investito ma dovranno "accontentarsi" di un tasso di interesse più contenuto, sia l'emittente grazie all'abbassamento del tasso di interesse da corrispondere agli investitori.

L'importo della garanzia dipende dall'emittente, variando da 1 milione di euro per le piccole imprese a 2 milioni per le medie imprese con il limite massimo del 70% dell'importo dell'obbligazione e dell'80% se l'emittente è un giovane agricoltore.