Arriva finalmente un raggio di luce sul settore della Cannabis sativa, che in Italia si è tornati a coltivare e che conta da 800 a 1000 ettari investiti. Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2020 del decreto 4 novembre 2019 il ministero della Salute ha definito i livelli massimi di tetraidrocannabinolo (Thc) negli alimenti.

Si tratta di un importante adempimento, richiesto dall’articolo 5 dalla legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante: "Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa", pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 30 dicembre 2016. In pratica dopo ben 3 anni e più i prodotti alimentari ottenibili dalla Cannabis sativa trovano finalmente una loro disciplina.

Secondo il decreto, i limiti massimi di Thc totale sono definiti come la somma delle concentrazioni della sostanza (-)-trans- Δ9 -Thc e del precursore acido non attivo (Δ9 -ThcA-A).

Per i semi di canapa - inclusi quelli triturati, spezzettati, macinati diversi dalla farina - e per la farina ottenuta dai semi di canapa, la norma dispone che non si dovranno superare i 2 mg/kg di Thc totale. L’olio ottenuto dai semi di canapa non potrà invece superare i 5 mg/kg di Thc totale. Infine gli integratori alimentari, ottenuti con alimenti a base di canapa, non dovranno superare i 2 mg/kg.

Il decreto inoltre dispone “Agli alimenti diversi da quelli citati, al presente decreto, si applica l'articolo 2 del Regolamento Ce n. 1881/2006, e successive modificazioni”. Il regolamento in parola, ed in particolare l’articolo 2, non detta limiti specifici per il Thc totale, ma solo dei criteri per stabilire i tenori massimi dei contaminanti nei “Prodotti alimentari essiccati, diluiti, trasformati e composti”.
 

Coldiretti. "Il decreto fa chiarezza"

“L’attesa pubblicazione in Gazzetta fa chiarezza su un settore che negli ultimi anni – rileva Coldiretti - ha visto un vero e proprio boom, dai biscotti e dai taralli al pane, dalla farina di all’olio, ma c’è anche chi la usa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra".
 

Federcanapa: "Segnale positivo, ma limiti troppo severi"

“L’entrata in vigore del decreto sul Thc degli alimenti di per sé è una buona notizia, se pur tardiva, perché finalmente mette l’industria alimentare italiana della canapa in condizione di iniziare a operare in chiarezza" afferma Federcanapa in una lunga nota diramata il 17 gennaio scorso.

“Dopo la nota sentenza delle Sezioni unite della Cassazione nel maggio scorso, abbiamo assistito a un proliferare di sequestri indiscriminati che hanno colpito persino i prodotti alimentari a base di semi, malgrado fossero già stati riconosciuti leciti e regolarmente commercializzati quantomeno dal 2009 – ricorda Federcanapa, che sottolina come “Il nuovo decreto è un segnale da parte delle Istituzioni per riportare la discussione sulla canapa industriale nei binari della legalità e dell’onestà intellettuale”.

Federcanapa, per quanto riguarda i contenuti del decreto, ribadisce le critiche fatte a suo tempo sulla bozza iniziale, soprattutto per quanto riguarda due aspetti.

“I limiti del Thc sono troppo restrittivi – scrive l’organizzazione - Avevamo già segnalato il caso di parecchi produttori italiani i cui oli tendevano a superare il limite dei 5 ppm, idoneo forse per le coltivazioni in nord Europa, ma non per i nostri climi”.

Altra critica è “La definizione dei limiti solo per alcuni alimenti – sottolinea inoltre la nota di Federcanapa - escludendo ad esempio , tisane, bevande alcoliche e non alcoliche, anche se il decreto concede una via alternativa per gli altri alimenti”.

Infine Federcanapa sottolinea come sia invece “un fatto positivo che il legislatore abbia previsto un aggiornamento periodico sia dell’elenco degli alimenti che dei limiti previsti sulla base di nuove evidenze.