Da Roma gli assessori all'Agricoltura di cinque regioni del Sud e dell'Umbria hanno lanciato ieri al Governo di Mario Draghi la sfida: le regole di riparto del Fondo europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale tra i Programmi di sviluppo rurale delle regioni non possono essere cambiate in corso d'opera e quindi nel biennio 2021-2022, a meno di non voler penalizzare l'integrità dell'intero comparto agroalimentare italiano, indebolendo il Meridione. E tornano ad offrire la possibilità di poterle cambiare - con compensazioni tra primo e secondo pilastro della nuova Pac - dal 2023 in avanti. In cambio, sarebbe conservato il criterio di riparto della spesa storica per il biennio di transizione 2021-2022.

In palio c'è la ripartizione di circa 3.915 milioni di euro di Feasr, ma anche il cofinanziamento nazionale, diviso tra Stato e regioni. La partita per la difesa delle ragioni del Sud, unita al rilancio del dialogo per la definizione di una prospettiva più ampia del sistema paese è stata giocata sul campo di una conferenza stampa convocata nella capitale, dal cuore del Senato: la sala Caduti di Nassirya. Qui si sono ritrovati Nicola Caputo, assessore all'Agricoltura della Regione Campania, Francesco Fanelli con la delega per la Regione Basilicata, Gianluca Gallo assessore della Regione Calabria, Donato Pentassuglia assessore in Regione Puglia, Toni Scilla della Regione Siciliana e l'assessore della Regione Umbria Roberto Morroni.

Ieri i sei assessori hanno richiamato alle proprie responsabilità Governo e Parlamento su una questione ritenuta essenziale: la ventilata revisione dei criteri di ripartizione, con il cambiamento dei parametri della spesa storica del Feasr.

"Non siamo qui per alimentare guerre di campanile, o contrapposizioni tra schieramenti diversi" è la precisazione introduttiva del gruppo dei sei, composto da amministratori di varia estrazione politica in rappresentanza di regioni diverse, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr.

"Del resto - hanno puntualizzato - le nostre posizioni hanno trovato conforto, nelle ultime settimane, anche nelle prese di posizione del ministero per l'Economia e le finanze e della Commissione europea, a dimostrazione della bontà di una linea oggettivamente sostenibile e nel giusto". Su tanto AgroNotizie ha analizzato ampiamente i due messaggi giunti rispettivamente dal commissario europeo all'Agricoltura e allo sviluppo rurale, Janusz Wojciechowski e dagli uffici del Mef ad indirizzo del ministero delle Politiche agricole.

Nel mirino degli assessori c'è l'atteggiamento del Mipaaf: "Da mesi - hanno ribadito gli assessori all'Agricoltura delle sei regioni - siamo impegnati a ricercare un punto di equilibrio per garantire il raggiungimento di un accordo equo. Abbiamo però sempre trovato porte chiuse, specie dopo la decisione del ministero dell'Agricoltura di ignorare persino le indicazioni della Commissione europea".

Secondo i sei assessori, il Mipaaf intende "Sostenere invece scelte che non tengono in alcun conto un'analisi globale della totalità dei fondi Pac - primo e secondo pilastro - destinati ai territori, ignorando non solo le tematiche legate alla quota di cofinanziamento, ma anche che il Regolamento Ue 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l'attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac".

Nonostante ciò, hanno tuttavia sottolineato Fanelli, Gallo, Caputo, Pentassuglia, Scilla e Morroni, "con senso di responsabilità non ci sottraiamo al dialogo: ringraziamo i parlamentari che stanno sostenendo la nostra iniziativa e ribadiamo d'essere pronti a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023. Sia chiaro, però, che non accetteremo mai colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022: ciò si tradurrebbe in una penalizzazione mortificante per regioni già svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate".

Da qui l'invito al Governo e al ministro Stefano Patuanelli: "Non si chiuda a riccio: accetti il confronto ed insedi un tavolo tecnico cui demandare la definizione - entro 60 giorni- dei parametri da applicare a far data dal 2023, con l'individuazione di criteri coerenti allo spirito ed alle finalità del Psr. Se così sarà, noi ci saremo, forti della convinzione che anima la nostra battaglia: se cresce il Sud, cresce l'Italia".
 

Due possibili epiloghi della vicenda

L'offerta delle sei regioni nella sostanza non è una novità ed è stata fino ad ora sempre respinta dalle regioni del Nord e del Centro. L'idea è che possa essere accolta ora - resa più concreta dai pareri di Mef e Commissione Ue e dal tavolo tecnico per decidere nuovi parametri a valere dal 2023 - per evitare lo smacco della perdita di unanimità in Commissione politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni, ma potrebbe essere a questo punto anche la via di uscita per Patuanelli in caso di ulteriore stallo in Commissione e Conferenza.

Il ministro delle Politiche agricole, con questa soluzione nella delibera da portare in Consiglio dei ministri, eviterebbe lo scontro interno al Governo con il Mef e l'incidente diplomatico con la Commissione Ue, due elementi questi che gli tornerebbero utili per evitare una eventuale censura di Palazzo Chigi ed attenuare le tensioni che sarebbero alimentate dalla delusione delle regioni del Centro-Nord.