Continua la problematica dei cinghiali in tutto il Centro Italia, dove la presenza massiccia di questi animali provoca danni soprattutto alle coltivazioni.

Una situazione di cui non tutti hanno compreso ancora la gravità secondo l'opinione di Confagricoltura Toscana che nei giorni scorsi ha organizzato un incontro con l'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che è il braccio scientifico del ministero dell'Ambiente che si occupa anche della fauna selvatica, per cercare di fare un punto sullo stato dell'arte e individuare nuove strategie di controllo.

Confagricoltura ha sottolineato anche la mancanza dell'attuazione del decreto interministeriale sui danni da fauna selvatica, approvato oltre sette mesi fa dalla Conferenza Stato Regioni, e che se non altro sarebbe stato un segnale di attenzione nei confronti degli agricoltori.

L'associazione di categoria ha chiesto anche una revisione della normativa sulla caccia e sui piani di contenimento. Un tema su cui la Toscana in realtà ha avviato un suo percorso con la cosiddetta legge Remaschi, dal nome dell'assessore all'Agricoltura che l'ha proposta, che va ad ampliare i tempi e le modalità di abbattimento e prelievo degli ungulati, pur con risultati che a due anni dall'entrata in vigore restano alterni.

Ma i cinghiali restano un problema anche in Umbria, dove la Coldiretti regionale segnala danni per milioni di euro, spesso a carico solo delle aziende agricole, che stanno cercando di fare fronte, sempre da sole con soldi propri, per mettere in atto tutte le forme di protezioni possibili.

E anche in Abruzzo la situazione rimane difficile, tanto che la Coldiretti Teramo ha chiesto con una lettera l'intervento straordinario della polizia provinciale per cercare di arginare la problematica, con danni ingenti a carico di moltissime colture, come favino, cereali, mais e girasole, solo per citarne alcune.

Un appello che la Coldiretti abruzzese lancia anche ai sindaci, chiedendo delle soluzioni normative efficaci, e che affrontino il problema in maniera organica, suggerendo anche l'introduzione di una polizza assicurativa contro i danni da animali selvatici.

E sul fronte normativo le Marche, dove pure è presente il problema, hanno varato in questi giorni il piano di controllo dei cinghiali 2018-2023, annunciato alcune settimane fa. Uno strumento di programmazione che si applica per la prima volta su tutto il territorio marchigiano in maniera omogenea, dopo il passaggio delle competenze in materia dalle province alla regione, come ha spiegato l'assessore regionale alla Caccia Moreno Pieroni.

Gli obiettivi del piano restano l'eradicazione totale degli animali nella zona costiera, la riduzione del loro numero nella fascia collinare e nelle zone montane. Obiettivi che saranno però perseguibili con strumenti nuovi, primo tra tutti l'estensione del periodo di caccia prelievo a undici mesi.

E' prevista infatti la possibilità per l'agricoltore di abbattere gli animali sul proprio campo, la possibilità di mettere trappole e di costruire protezioni passive per evitare che l'animale si avvicini alle aree coltivate.

Gli agricoltori ovviamente potranno anche chiedere l'intervento della polizia provinciale, che ora, in base al nuovo piano, dovrà intervenire entro un massimo di sei ore dall'avvistamento dei cinghiali. Il tutto in collaborazione con gli otto Atc regionali e finanziato con i fondi del Psr.

Inoltre, ha aggiunto Pieroni, è prevista l'approvazione a breve termine della nuova regolamentazione sui danni in agricoltura e il provvedimento sugli indennizzi per incidenti stradali che nella legge di bilancio 2018 è già dotato di 2 milioni di euro in tre anni.

E sul fronte della prevenzione dei danni da fauna selvatica non mancano anche iniziative di ricerca, come quella messa in campo in Toscana con il progetto Ultrarep, presentato nei mesi scorsi all'Accademia dei Georgofili, che sta valutando l'utilizzo di ultrasuoni per allontanare gli ungulati, con risultati che iniziano ad essere incoraggianti.