La Politica agricola comunitaria ha posto enfasi sugli strumenti di gestione del rischio, normati dal Regolamento 1305/2013 (artt. 36-39). In Italia lo stanziamento pubblico per la gestione del rischio sfiora i 2 miliardi di euro, in gran parte (1,4 miliardi) destinati agli strumenti assicurativi (art. 37), e in misura minore (200 milioni circa) dedicati ai fondi di mutualità (art. 38), e all'Income stabilization tool o Ist (art. 39). Sebbene lo stanziamento sia ingente, gli strumenti normati dagli articoli 38 e 39 non trovano ancora applicazione. Quali sono le principali difficoltà e gli aspetti da chiarire?

In prima istanza vi è (da poco) parere concorde in merito alla visione dei diversi strumenti di gestione quali interventi complementari, piuttosto che alternativi. Difatti i fondi di mutualità e l'Ist dovrebbero essere rivolti prevalentemente a fonti e componenti di rischio non coperte dagli strumenti assicurativi. In particolare, i fondi di mutualità e l'Ist dovrebbero rivolgersi a rischi di tipo fitosanitario, stabilizzando ricavi e profitti, lasciando agli strumenti assicurativi la prerogativa di coprire la componente produttiva/resa e i rischi climatici.

Un ulteriore elemento da chiarire riguarda il tipo di sovvenzioni che occorre attuare per favorire l'avvio dei fondi. Se da un lato appare opportuno ed efficace erogare contributi sulle quote di adesione e sulle spese di costituzione dei fondi rivolti a settori/colture esposti a rischi con elevata frequenza e bassa intensità di danno, è pur vero che sarebbe preferibile erogare contributi in forma di compensazioni finanziarie ai soci di fondi attivati su settori/colture esposti a rischi con bassa frequenza ed elevata intensità di danno.

Altro punto dibattuto è la dimensione dei fondi. Progettare un fondo unico a livello nazionale (per tutti i settori del settore primario) risulta notevolmente difficoltoso. Diversamente è preferibile progettare fondi di mutualità per i settori più idonei o di rilevanza strategica.
Ma quali elementi dovrebbero guidare la scelta dei settori? In primo luogo, appare opportuno considerare il legame tra la sostenibilità economico-finanziaria dei fondi, la specificità dei rischi coperti e la vulnerabilità del fondo a rischio di default. E' inoltre preferibile costituire fondi di mutualità per i settori caratterizzati da capitali immobilizzati (sunk costs) e maggiormente vulnerabili a rischi esogeni. Infine, occorre favorire la costituzione di fondi nei settori-chiave per l'agroalimentare italiano, ovvero per i settori che contribuiscono maggiormente al valore aggiunto dell'agroalimentare, al livello di occupazione o alla tutela del paesaggio e delle produzioni tipiche.

Altri aspetti, molto più tecnici, sono in fase di analisi: in primo luogo occorre determinare il pricing (ovvero le quote di adesione al fondo); in secondo luogo è indispensabile limitare comportamenti opportunistici (moral hazard e adverse selection) prevedendo, ad esempio, meccanismi di pricing con struttura "bonus-malus" e franchigie scalari per il pagamento degli indennizzi in caso di sinistri.

I fondi di mutualità e l'Ist, strumenti innovativi per la gestione dei rischi in agricoltura, rappresentano sicuramente un'opportunità da cogliere: il loro mancato utilizzo, dovuto a difficoltà operative riscontrate in fase progettuale, deve essere risolto in tempi rapidi.
E' auspicabile una maggiore e continua sinergia tra gli organi ministeriali e il mondo accademico, affinché i fondi di mutualità e l'Ist possano essere attivati e possano contribuire al rilancio dell'agroalimentare italiano.
 
A cura di Fabio G. Santeramo dell'Università degli studi di Foggia