Che i cambiamenti climatici stiano portando a una carenza d'acqua utilizzabile in agricoltura è sotto gli occhi di tutti, ma all'ultima edizione di Macfrut, che si è tenuta la settimana scorsa solo in versione digitale, durante il convegno online dedicato ad 'Acquacampus, la tecnologia irrigua al servizio del risparmio idrico', Gioele Chiari, ricercatore del Cer (Consorzio per il Canale emiliano romagnolo) ha reso il concetto molto evidente con un dato che impressiona: sulla Terra l'acqua dolce a disposizione è solo l'1% del totale e di questa la maggior parte va per usi industriali.

L'acqua utilizzabile per l'irrigazione delle colture rappresenta quindi una quantità veramente minima e va saputa utilizzare con coscienza e saputa gestire. Le situazioni considerate anomale dal punto di vista delle precipitazioni diventeranno sempre più frequenti fino a diventare la norma. Come comportarsi quindi?

"È sufficiente l'esperienza?", si è chiesto Chiari. La risposta: "No. Certo è importante ma è l'agricoltura di precisione è la risposta. Esperienza, conoscenza, tecnologia e strategia sono fondamentali per dare all'agricoltore la possibilità di fare scelte opportune in maniera tempestiva in tema di acqua".

Chiari ha illustrato ancora una volta 'Irriframe', strumento per il bilancio idrico che aiuta a calcolare quanta acqua distribuire e quando. I dati relativi a distribuzione e utilizzo dell'acqua di irrigazione vengono elaborati dallo strumento in modo da individuare il volume irriguo corretto.
 
Fra le tematiche toccate durante l'evento e alle quali troppo spesso non si dedica attenzione c'è quella della qualità dell'acqua distribuita, soprattutto quando il metodo è la microirrigazione. Ad affrontare la questione formazione di biofilm nel sistema di irrigazione è stato Luca Vandi di Intracare.

Innanzitutto che cos'è il biofilm? Si tratta di un'aggregazione di microrganismi che si forma nel sistema e che può provocare diversi problemi, sia di tipo meccanico, per esempio l'otturazione delle ali gocciolanti, sia di tipo microbiologico con conseguenti ripercussioni sulle piante. In particolare, ha spiegato proprio Vandi, il biofilm può portare in circolazione batteri e anche virus e va gestito seguendo due importanti fasi: pulizia e sanificazione. "Il biofilm - ha detto - è il luogo d'elezione per la vita di microrganismi come batteri patogeni, funghi, lieviti. Si sviluppano all'interno del biofilm e creano nuovo biofilm. I virus si possono annidare e poi essere trasmessi alla pianta".

La strategia è dunque prima pulire e poi sanificare, comunemente si utilizzano sostanze come cloro, che però sanifica senza pulire, o perossido di idrogeno che, se non stabilizzato, è poco efficacie. "Servono prodotti che prima disgreghino il biofilm e, una volta disgregato, disinfettino la linea di irrigazione. È questo il caso del perossido di idrogeno (acqua ossigenata) stabilizzato con chelato di argento. Secondo i risultati dei nostri test, il residuo di argento, di cui molti si preoccupano, anche con trattamenti di quattro mesi, risulta inferiore ai limiti consentiti".