See Eu later. Ci vediamo dopo. È il titolo del Sun, giornale popolare che gioca con l’assonanza fra you e Eu (European Union), ma potrebbe essere un’uscita dell’attore “Dogui” Guido Nicheli, che aveva giocato a invertire il nome di battesimo. Invece è la Brexit. Gran Bretagna fuori dall’Unione europea, il primo ministro David Cameron ha annunciato le proprie dimissioni e l’ex sindaco di Londra, Boris Johnson, sembrerebbe pronto a succedergli. Non è chiaro se nel partito dei Tory, i conservatori, o addirittura al numero 10 di Downing Street, in sella al governo.

Sul versante agricolo, proprio il sanguigno Boris Johnson avrebbe assicurato adeguato sostegno agli agricoltori britannici, che peraltro sembra proprio abbiano votato massicciamente per la Brexit. A quanto ammonteranno, però, gli aiuti?
Secondo le prime evidenze gli agricoltori dovrebbero continuare a percepire la Pac almeno fino al 2019, anche perché i negoziati di uscita avranno un iter, ai sensi dell’articolo 50 del Trattato europeo, tra i due e i cinque anni. Non era mai accaduto che uno Stato membro decidesse di uscire dall’Ue.
Ci rammarichiamo, ma rispettiamo la decisione del popolo britannico”, hanno dichiarato il presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il presidente del Consiglio dell’Unione europea, Mark Rutte, e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
In breve termine, almeno questo è l’auspicio del presidente della National farmers union (Nfu), Meurig Mansel, si avvierà una discussione per pianificare un Farm Bill britannico.
Con quante risorse? Oggi su una Sau di 17,3 milioni di ettari, sulla quale operano aziende con una superficie media di 93 ettari, i sudditi di Sua Maestà possono contare su 3,2 miliardi di euro di aiuti diretti dai fondi europei. Un domani? Secondo alcune proiezioni di Agra Europe, per mantenere l’attuale livello di sovvenzioni della Pac – politica fondante dell’Unione europea – i 27 Paesi che ne fanno parte, dopo la Brexit – dovrebbero pagare un supplemento di 1,2 miliardi di euro l’anno.

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Le reazioni internazionali
Secondo il presidente dell’Spd in Commissione Agricoltura al Parlamento europeo, Paolo De Castro, “il risultato del referendum britannico non ferma il nostro lavoro per costruire un’Europa migliore”.
Il collega francese Michel Dantin, europarlamentare, dice: “I primi che perderanno saranno gli agricoltori, che dal 2019 dovranno fare i conti con una perdita secca per anno compresa fra i 17.000 e i 34.000 euro”. Poi uno sguardo al proprio Paese: “Per le esportazioni di cognac e champagne dovremo negoziare dei trattati commerciali col Regno Unito”.
Nel 2014, secondo quanto riportato dall’Indipendent, il pagamento medio della Pac è stato di 17.735 sterline, il più alto intorno ai 2 milioni di sterline.

Attenzione al futuro della Pac per Eric Andrieu, vice presidente del gruppo PS della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo. “Mi sono svegliato questa mattina in stato di choc – ammette -. La Pac assorbe il 38% del bilancio europeo ed è sempre più in discussione da una parte dei Paesi più liberali. Dobbiamo riposizionare l’agricoltura, in modo che possa continuare a giustificare la propria quota di bilancio”.

Anche il sindacato agricolo francese, l’Fnsea, commenta il risultato referendario. “La Brexit mette in evidenza il divario tra le aspettative della gente e le istituzioni europee. È dunque essenziale ripensare il nostro rapporto con l’Unione europea e ripristinare significato democratico al progetto europeo, con o senza gli inglesi. Dobbiamo rafforzare l’Ue verso una visione a lungo termine, e il settore agricolo, che è stato a lungo un cemento europeo, può e deve essere preso in considerazione nella sfida geostrategica europea. I nostri amici britannici rimangono partner indispensabili, in particolare nel settore alimentare: il Regno Unito è il terzo cliente europeo in Francia, con un valore di mercato di 5,5 miliardi di euro, e il sesto fornitore per la Francia con 2,5 miliardi di euro”.